Al Casino dei Principi di Villa Torlonia, dal 25 gennaio al 5 maggio 2024, arriva la mostra antologica Giancarla Frare. Abitare la distanza che ripercorre, attraverso una selezione di 50 opere pittoriche su carta e due video, la quarantennale carriera di Giancarla Frare, pittrice, disegnatrice e grafica magistrale, fotografa, video maker e poetessa, figura tra le più significative della generazione di artisti attiva in Italia tra gli anni ’70 del ‘900 e il primo ventennio del 2000.
L’esposizione, curata da Antonella Renzitti, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. Supporto organizzativo e servizi museali di Zètema Progetto Cultura.
L’arte di Frare costituisce una ventata di unicità nel sempre più omologato panorama artistico contemporaneo, come dimostra la costante attenzione critica riservata ai suoi lavori, presenti in importanti collezioni pubbliche e private non solo italiane.
Le opere in esposizione rendono conto di come Frare nella sua ricerca artistica proceda per cicli pittorici, complessi progetti concepiti come filoni attorno al tema della memoria.
Lo sviluppo della carriera dell’artista viene raccontato da Antonella Renzitti, curatrice della mostra, applicando un espediente narrativo che accompagna il visitatore dalla fine verso l’inizio, dai lavori più recenti (molti del tutto inediti) ai celebrati cicli giovanili, in un percorso cronologico a ritroso nel tempo che svela progressivamente il senso delle opere.
Di fondamentale importanza per meglio mettere a fuoco la ricerca dell’artista appare il ciclo “Il Castello di Apice. Mappa Labirinto” (2015-2019). In mostra è esposto un video girato in soggettiva dall’artista con il semplice ausilio di cellulare e IPad e poi ibridato in sede di montaggio con l’innesto di disegni e frammenti fotografici riconducibili a un favoloso ricordo infantile. Il ricordo è quello dell’infanzia trascorsa nel Castello dell’Ettore ad Apice, in prossimità di Benevento, un antico labirinto di pietra in cui il padre di Giancarla, capo della guardia forestale, occupava con la sua famiglia un alloggio di servizio.
La capacità di esprimersi ai massimi livelli nei vari linguaggi dell’arte è una delle più vistose peculiarità di Giancarla Frare, la cui versatilità ha saputo trarre il massimo profitto dall’insegnamento di maestri che hanno impresso tracce indelebili sul suo fare artistico. Allieva negli anni ‘70 dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, Frare ha studiato pittura con Armando Di Stefano, scultura con Umberto Mastroianni e Augusto Perez, incisione con Bruno Starita, scenografia con Franco Mancini, fotografia con Mimmo Jodice, storia dell’arte con Nicola Spinosa e, persino, antropologia musicale con Roberto De Simone: i protagonisti della effervescente temperie culturale degli anni ’70 al servizio della sua inesausta intelligenza creativa.
La carta è il supporto scelto per imprimere una pittura velocissima che conduce lo spettatore attraverso desolati territori di pietra in cui non c’è spazio per il corpo dell’uomo, comparso nel suo lavoro solo in rare occasioni.
Gli importanti cicli giovanili chiariscono però in modo incontrovertibile come l’assenza dell’uomo sia solo uno dei tanti depistaggi introdotti dall’artista all’interno di una ricerca che prende in realtà spunto dall’interesse per la cultura dell’uomo. Non casualmente il suo primo grande successo arriva, nella seconda metà degli anni ’70, con Le Condizioni del volo, un ciclo di trentacinque grandi disegni a china - i tre presenti in mostra provengono dalle collezioni dell’Istituto Centrale per la Grafica che ha acquisito la serie quasi per intero - ispirati alla poesia di George Trakl, disperato cantore della dissoluzione della stagione della felix Austria.
Negli anni ’80, trasferitasi a Roma, lo spunto culturale che alimenta la sua ispirazione diventa quello del reperto archeologico. Le immagini di elementi scultorei catturate nel corso di lunghe battute fotografiche nel Nord Europa e in Italia vengono innestate all’interno di minimali composizioni pittoriche, in rapporto di tensione dialettica tra linguaggio della fotografia e segno pittorico.
Il senso della ricerca di Frare sulla memoria si esplicita in Stati di permanenza, Gina, bellissima opera videografica costruita eccezionalmente attorno a una presenza umana. Gina, la protagonista, è una centenaria analfabeta che, pur avendo perso il ricordo della sua storia individuale, recita alla perfezione i versi della Divina Commedia imparati in gioventù, divenendo lei stessa traccia archeologica, simbolo vivente della potenza della memoria culturale.